Benedizione dei morti del mare
AUTORE
COLLEZIONE
MISURE
394 X 192
ANNO
1913 - 1915
TIPOLOGIA
Pittura
MATERIA E TECNICA
olio su tela
NOTE
Firmato e datato in basso a destra: L. Viani MCMXIV
SCHEDA CRITICO
Scrivendo al fratello Mariano, tra il giugno e il luglio 1916, Viani confessa la propria soddisfazione per aver portato a termine La benedizione dei morti nel mare: “…scusa se non ti ho scritto prima d’ora ho lavorato ed ho ultimato la benedizione dei morti del mare … ho lavorato dalle 4 del mattino alla sera io credo che sia la cose piÙ forte che abbia fatto da che lavoro … (I. Cardellini Signorini, 1978).
Con la consapevolezza di chi sa di avere realizzato la “grande opera”, il pittore colloca La benedizione all’apice della sua carriera d’artista, nel momento in cui la sua arte È seguita da critici autorevoli come Vittorio Pica e Leonardo Bistolfi. Nel nuovo lavoro egli ha condensato l’universo affettivo del suo mondo narrativo e gli elementi che sono all’origine della sua identità culturale. Ne È derivata un’icona emozionante di dolore e di umanità, un grande affresco biografico palpitante di sentimenti, dove il tempo È regolato da tradizioni arcaiche e da simboli, attraverso i quali l’uomo scopre la fede.
All’origine della struttura compositiva, dei suoi formalismi e delle sequenze gestuali, c’È l’ammirazione dichiarata per i trecentisti toscani, soprattutto quelli del raggio giottesco, piÙ volte ricordati negli scritti sull’arte. Agli stessi modelli stilistici Viani sembra avere guardato dipingendo I lebbrosi e Il volto Santo (op. cit. 97, 101) quadri che, insieme con La benedizione, fanno parte di una produzione di opere votive, tutte di grandi dimensioni, ispirate a fatti e leggende della città di Viareggio, e di Lucca. Elemento comune, nella diversità dei temi raffigurati, È l’armonica fusione tra un’evocazione popolare che attinge dalla cronaca locale, e una concezione figurativa di raffinato rigore formale, anelante ad assumere lo spessore di un vasto poema di umanità.
La data 1916, in basso a destra, colloca la tela in un tempo prossimo a quello delle due citate. Tutto però concorre a ritenere che, sin dal 1914, Viani avesse maturato l’intento di realizzare l’ambizioso progetto. Un’antica foto, dello studio Barsotti di Firenze pubblicata da Ida Cardellini Signorini (op. cit. tav. 93), rivela che in origine il quadro era sprovvisto di data e di firma. È plausibile l’ipotesi che lo stesso pittore l’abbia aggiunta, forse nel 1926, quando dopo che l’aveva venduto l’anno prima al Comune di Viareggio per 12.000 lire, La benedizione venne esposta alla Prima Mostra d’Arte Marinare di Roma.
Prova di una lunga e meditata gestazione È anche lo schizzo a matita la cui partitura e il tratto libero delle figure, stilisticamente, si direbbero derivati da quelle del Volto Santo, concordemente datato tra 1913-15.
La Collezione Varraud, catalogo a cura di Giuliano Matteucci e Paola Paccagnini, Viareggio, 1994, pag. 148-149
Approfondimenti
La ‘Benedizione dei morti del mare’ è un’opera cruciale, sintesi di un periodo artistico del Viani e della sua capacità di fondere linguaggio antico e linguaggio moderno una specie di summa di tutto ciò che fino a quel momento egli aveva visto, compreso, sperimentato.
Un canto corale sulla sacralizzazione del dolore umano, la simpatia, la solidarietà. Espressionismo, gusto dei Primitivi, simbolismo, nabis, scultura negra, come dire tutti i linguaggi chiamati a raccolta affinché nessuno potesse dire di non aver capito, chiamati ad esprimere un medesimo concetto: la tragedia di esseri umani afflitti dalla povertà ma in grado di esprimere sentimenti tanto alti da fare di loro dei personaggi sacri.
Scrisse Viani a proposito delle xilografie relative e del quadro: «Chi conosce da vicino l’ordine e la disciplina del mio lavoro, non si meraviglierà se queste tavole sono di una sintesi che un mio amico ha definito DISPERATA! Il concetto che ha informato il mio lavoro mi ha portato a questa sommarietà di espressione che voglio sviluppare fino a che non sono giunto alla linea pura. Siccome penso che l’arte sia fenomeno di volontà ho dato a quest’opera quello speciale carattere primitivo nella disposizione dei gruppi, per rendere il concetto più vasto: universale!
Così ho potuto armonizzare nella “Benedizione dei morti del mare” le figure che qui appaiono in tavole frammentarie (…) Scene tra loro lontane nel tempo che dicono tutti gli stati d’animo di questa gente».
L’impianto formale nel suo complesso si ispira ad una rappresentazione sacra, evoca una crocifissione, in particolare quella del pulpito pistoiese di Giovanni Pisano nella distribuzione dello spazio, dei pieni e dei vuoti, nei gesti; i singoli gruppi richiamano episodi salienti della vita di Cristo: le figure nella parte sinistra possono essere considerate nell’insieme una adorazione del bambino al femminile; un evidente citazione della “pietà” si ha nelle due figure arretrate nel centrosinistra del quadro, così come le tre figure centrali a destra sono una Madonna sostenuta dalle pie donne. E poi madonne-madri che stringono i loro figli in disperata rassegnazione.
Il grande protagonista è il dolore, conosciuto nelle sue cause ed effetti; se le figure sono composte secondo una tradizione consolidata, i volti sono maschere tragiche e deformate, i corpi nascono dai segni duri e spezzati della pittura espressionista mutuata dalla scultura lignea medievale e da quella africana; si noti il contrasto fra la dura sintesi dei loro connotati e la tenerezza, il meticoloso realismo con cui Viani dipinge il bimbo centrale, con il collettino bianco e la galina azzurra ai calzoncini corti.
La donna che abbraccia il naufrago ha gli occhi pesti e nel suo gesto vi è tutta la passione della sua ansia, l’uomo è rigido come un pezzo di legno, ancora scioccato per essere scampato alla morte, sospeso in una pausa, forse non sa capacitarsi di quanto la donna abbia attesto, pensato e temuto; è un orrore visto da due differenti punti di vista. Con le tre donne nel centro a destra Viani esprime tutto intero il tragico destino delle donne condannate ad attendere. La figura centrale è una vedova, il congiungersi delle mani e delle braccia tese e spezzate, il nero che appiattisce i tre corpi e li rende uguali quasi fossero uno unico è raffigurazione della simpatia, come nella crocifissione il tenere le mani alla Madonna significa sostenerla e compassionarne il dolore.
Nel gruppo di donne all’estrema sinistra, il volto di quella frontale non è una maschera ma un viso con una propria individualità, dolce, evoca i lineamenti della Madonna. È una madre che porge il figlio così come la Madonna porge suo figlio all’adorazione ma qui sono le donne che sanno accoglierlo e consolarlo (dell’esser nato). Una dimensione ancora tutta femminile, questa volta di fronte ad una creatura che si sa già destinata ad una esistenza difficile, cupa tormentata. L’unica eredità che si passano i poveri è la consapevolezza del dolore della vita.
La ‘Benedizione’ ha la ieratica calma della composizione civile”. (Serafini)
LORENZO VIANI Viareggio 1882 – Ostia 1936
1882
1882. Il padre Rinaldo, al servizio di Don Carlo di Borbone, e la madre Emilia Ricci, da Pieve Santo Stefano si trasferiscono per lavoro a Viareggio. Il giovane trascorre l’infanzia tra l’ambiente della darsena viareggina, spettacolo quotidiano di miseria e squallore, e la sontuosa vita di Palazzo “…Il Palazzo mi uggiva. Il terrore della divinità che vi era diffuso stancava la mia povera anima…“.
1893
L’esperienza scolastica si arresta all’inizio della terza elementare per una congenita insofferenza a ogni forma di disciplina. I suoi eroi sono Sante Caserio e il rivoluzionario andaluso Paolino Pallas; l’idea dell’ anarchia si insinua nella giovane mente.
1898
Apprendista presso il barbiere Fortunato Primo Puccini e presso il socialista anarchico Narciso Fontanini, legge avidamente ogni genere di dispense popolari; l’amico Cesare lo inizia alla lettura di V. Rugo, di W. Scott, di Michelet. Incontra personaggi di primo piano come Leonida Bissolati, Andrea Costa, Menotti Garibaldi, Plinio Nomellini, Giacomo Puccini, Gabriele D’Annunzio. In questo periodo il padre viene licenziato dai Borboni e la famiglia piomba nella miseria.
1899
Inizia a disegnare con crescente interesse; un ritratto del musicista Giovanni Pacini attira l’attenzione dei viareggini; primi viaggi esplorativi a Pisa e a Lucca.
In Versilia e in altre località italiane la lotta di classe si fa sempre più aperta: folle esagitate, precedute da bandiere nere, invadono le piazze dei paesi, stazionano davanti ai forni, frantumano le vetraglie. L’incontro con il sociologo Pietro Gori e i frequenti contatti con i socialisti Vico Fiaschi e Luigi Salvatori decidono la definitiva adesione di Viani all’anarchia; talvolta il giovane dorme sulle pietre del molo o passa le notti al “Casone”, ritrovo abituale di vagabondi, di ricercati e di liberi pensatori.
1903
Su consiglio di Plinio Nomellini, che lavora a Torre del Lago, si iscrive all’Istituto d’Arte Passaglia di Lucca, dove incontra Moses Levy e Spartaco Carlini. Allarga le sue conoscenze letterarie ad altri autori francesi e russi (Zola, Mirbeau, Dostoevskij, Gorkij ecc.); approfondisce la lettura di Michelet, Nietzsche, Bakunin, Kropotkin, J. Grave, Malatesta, F. arsini, Stepniak ecc.
Partecipa alle manifestazioni del gruppo anarchico “Delenida Carthago” e finisce in carcere. Esce poi per l’intercessione dell’avvocato anarco-socialista Luigi Salvatori.
Compie altri viaggi esplorativi a Livorno, a Pisa e a Venezia, dove visita la Biennale; Plinio Nomellini lo presenta al vecchio Fattori, il quale considera con benevolenza i suoi disegni “pieni di errori, ma di buoni errori” .
1904
alosci e Fattori pur continuando a dimostrare una chiara insofferenza per le discipline accademiche. In questo periodo stringe amicizia con Antony De Witt, Libero Andreotti, Giovanni Papini e Federigo Tozzi; nelle visite agli Uffizi si attarda davanti ai primitivi.
Durante il mese di luglio ottiene dal Comune di Viareggio un sussidio per recarsi ogni giorno, col treno, a Torre del Lago, dove lavora al fianco di Plinio Nomellini. Il 14 ottobre muore Rinaldo Viani, il padre. Tutte le responsabilità della famiglia ricadono sul fratello Mariano, calzolaio.
1906
i suoi dipinti ed entra a fare parte della Compagnia della leggera d’ispirazione bohème; Plinio Nomellini continua invece a incoraggiare le sue ricerche pittoriche e lo prende a modello per un quadro garibaldino. In quest’ambiente fa la conoscenza di Lodovico Tommasi e di Leonetto Cappiello.
1907
Nella redazione fiorentina del “Popolo” incontra il poeta ligure Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, che va cercando proseliti per la sua Repubblica d’Apua.
Espone I Dispersi e Gli Ossessi alla VII Biennale di Venezia, che, grazie alla recensione di Luigi Campolonghi, avviano la leggenda del <>. Durante questa esposizione scopre l’opera di Laermans e simpatizza con Umberto Boccioni. Partecipa all’Esposizione nazionale d’arte umoristica di Messina e riceve la prima medaglia della sua vita.
In novembre è a Genova, dove collabora con disegni satirici alla rivista anticlericale La Fionda, diretta da Luigi Campolonghi. Illustra La zatteradello stesso e il poemetto in dialetto ligure I ribelli di Francesco Muratorio, che viene pubblicato l’anno successivo. In questo soggiorno Viani matura il suo orientamento pittorico.
1908
In gennaio si reca a Parigi dove ha modo di visitare la retrospettiva di Van Gogh, allestita alla Galerie BernheimJeune. Dopo un breve soggiorno in casa Fleury, approda al dormitorio pubblico della Ruche, in rue Dantzig; inizia la dura esistenza che sarà rievòcata nel romanzo autobiografico Parigi del 1925.
Durante l’estate rientra a Viareggio, dove dipinge una serie di darsene; il 3 settembre assiste, con gli amici Romiti, Natali e Nomellini, alla traslazione della salma di Fattori a Montenero.
Ad ottobre è di nuovo a Parigi; dal 2 al 31 dicembre espone cinque disegni alla Galleria La Comédie Humaine di Georges Petit, ma non ne trae alcun vantaggio economico. La notte di Natale si reca a Bruxelles per ammirare l’opera di Constantin Meunier e quella di Eugène Laermans.
1909
Rimane a Parigi fino all’estate, dove ha fugaci incontri con Galantara, Libeo Andreotti, Cappiello, Paul Adam, Picasso e Matisse; incontra anche lo scrittore Richepin, il cui comportamento borghese lo delude profondamente. Non avvia alcun sodalizio consistente. Per caso vede danzare Isadora Duncan nell’ Ifigenia in Aulide di Gluck, ma non ne ha una grande impressione. A questo periodo dovrebbero risalire le illustrazioni, andate perdute, per Les Blasphèmes di Richepin.
In aprile la Biennale di Venezia rifiuta le sue opere. Le condizioni economiche e psicologiche di Viani si fanno sempre più preoccupanti e per tornare a Viareggio si adegua alle richieste di un piccolo editore di fogli musicali. Riprende a frequentare gli anarchici locali e, nel comizio di protesta per l’uccisione del libertario catalano Francesc Ferrer, parla a una folla di duemila persone.
E’ presente al Salon d’automne di Parigi con alcune opere (Tryptique des hommes taciturnes, Les misérables) e il 31 ottobre è nominato socio di questa istituzione. Tenta invano di farsi assegnare, dal Comune di Viareggio, uno spazio dove poter lavorare alle sue opere.
1910
In dicembre la Giunta comunale di Viareggio gli concede una stanza dello stabile della dogana. A questo periodo dovrebbero risalire Consuetudine e Autoritratto che oggi si trovano alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze e le illustrazioni per Fole e Rosa di Sion di Enrico Pea, uno degli intellettuali più in vista della Repubblica d’Apua.
1911
A Pisa partecipa a un comizio contro la guerra in Libia. In dicembre è di nuovo a Parigi ospite del filosofo e anarchico greco Georges Brissimizakis all’Hotel du Panthéon. Incontra Amilcare Cipriani il patriarca di tutti gli anarchici, Luigi Campolonghi, Alceste De Ambris, Jean Grave, Octave Mirbeau e altri esponenti dell’anarchia e dell’umanitarismo internazionale. In questo clima elabora dieci cupi e dolenti cartoni sugli effetti della guerra.
1912
Il soggiorno parigino non si protrae oltre gennaio. Rientrato a Viareggio, partecipa alle attività degli anarco-socialisti versiliesi. In febbraio cura con il sindacalista Alceste De Ambris il libello antimilitarista Alla gloria della guerra che viene stampato dalla Camera del lavoro di Parma. L’album viene censurato dalle istituzioni ufficiali. Arrestato e imprigionato, Viani viene rilasciato grazie all’appoggio di Luigi Salvatori e di altri amici. In maggio prende la parola in un comizio contro la guerra. In giugno, lo scrittore Alessandrino Jean Thuile, amico di Pea e dell’editore Grasset, gli chiede alcune illustrazioni per un suo romanzo. La rabbia anarchica di Viani è comunque ridimensionata dai contatti sempre più frequenti con il poeta Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, il quale gli apre gli orizzonti della poesia antica e moderna e gli rivela una ricchezza di contenuti che agiranno sulla sua futura attività letteraria.
1914
Dipinge la Benedizione dei morti del mare, lavora a La Peste a Lucca (o I lebbrosi). Espone al Lyceum di Firenze, alla II Secessione di Roma e alla XI Biennale di Venezia. Collabora con xilografie a L’Eroica, diretta da Ettore Cozzani. Allo scoppio della guerra, nel Manipolo d’Apua, si acuiscono le divergenze d’opinione e si registrano le prime defezioni.
1915
Nel febbraio Viani sostiene Cesare Battisti durante un tumultuoso comizio al Politeama di Viareggio. Espone dieci xilografie alla III Secessione di Roma. Tra ottobre e novembre espone, grazie all’appoggio di Franco Ciarlantini, 624 opere al Palazzo delle Aste di Milano. La mostra si avvia in una cornice di mondanità e riscuote un caloroso consenso di pubblico e critica. A dicembre tiene una nuova importante mostra personale al Bagno Nettuno di Viareggio, dove convergono, per l’ultima volta, gli esponenti della Repubblica d’Apua.
1916
Continua a collaborare a L’Eroica di Cozzani e porta a termine le xilografie dell’album Il martirio. Il 26 luglio è chiamato alle armi dopo una sua precedente richiesta, respinta per i suoi trascorsi anarchici.
1916-19
L’odissea della guerra inizia con l’addestramento al Forte di S. Benigno di Genova, per proseguire direttamente sul campo. Partecipa a varie imprese belliche (descritte in Ritorno alla patria,1929) e alle iniziative di propaganda patriottica. Corrisponde con amici vecchi e nuovi, partecipa a numerose esposizioni, da largo consenso di pubblico, Milano, Roma, Viareggio, Firenze (1915 e 1916), Forte dei Marmi, Milano,Viareggio (1918), Firenze e Roma (1919).
1919
Il 2 marzo sposa a Viareggio Giulia Giorgetti, maestra elementare e si stabilisce a Montecatini dove la moglie insegna. Nel sereno ambiente della Valdinievole dipinge la serie degli Scolari. L’8 agosto muore all’ospedale di Genova, l’amico Ceccardo, Viani partecipa sconvolto ai suoi funerali. Con la scomparsa del “generale” si chiude la Repubblica d’Apua e si ridimensiona l’attività libertaria dei suoi esponenti. A quest’epoca risale il primo incontro con i Vararud Santini.
1920
La moglie ottiene un incarico temporaneo a Giustagnana di Seravezza, alle pendici delle Apuane. I coniugi vi soggiornano fino al 1921. E’ il periodo in cui dipinge le opere ispirate alle cave e ai monti del marmo. Prosegue il progressivo abbandono della politica militante, il suo ultimo impegno in tal senso, è forse la partecipazione al comizio di Luigi Salvatori tenutosi a Viareggio il 3 maggio 1920 durante la sommossa popolare delle “tre giornate di maggio”.
Il Comune di Bologna acquista per 3.500 lire la serie degli Scolari. Nasce la prima figlia dell’ artista, Ornella.
1921
Nascita della seconda figlia, Mila. In maggio esegue otto xilografie per Vogliamo vivere di Gabriele D’Annunzio (cento copie numerate), ma il lavoro non viene retribuito. Espone a Lucca e alla I Biennale romana. Partecipa, con Domenico Rambelli, al concorso bandito per la realizzazione del Monumento ai Caduti di Viareggio.
Inizia la collaborazione al Popolo d’Italia, il giornale di Benito Mussolini.
1922
In agosto, in occasione del centenario della morte di Shelley, esegue la copertina del numero unico che il Comune di Viareggio dedica al poeta. A Montecatini porta a termine il primo libro, Ceccardo, che viene stampato dalle Edizioni Alpes con una prefazione di Ardengo Soffici.
Alla XIII Biennale di Venezia espone la Benedizione dei morti del mare che desta l’interesse di Maurice Denis; ha una ulteriore occasione per riflettere sulla pittura del belga Laermans.
1923
Pubblica Ubriachi, e rientra a Viareggio. Alla vecchia Repubblica d’Apua si va sostituendo una più tranquilla Armata dei vàgeri, di cui Viani è il generale; il quartiere generale di questa libera associazione è il Caffè Tonicelli, sul lungomare, ma il gruppo frequenta anche “Buonamico”. Inizia la serie di dipinti su Parigi che prosegue anche nei due anni successivi.
1924
i trasferisce con la famiglia a Fossa dell’Abate, allora aperta campagna, a Lido di Camaiore, non lontano da dove risiedevano già Plinio Novellini e Galileo Chini. Espone due opere alla XIV Biennale di Venezia. Continua a lavorare al ciclo parigino. Pubblica Giovannino senza paura.
1925
Pubblica, con successo di critica, Parigi, la testimonianza romanzata della sua esperienza alla Ruche. Nuova edizione di Giovannino senza paura. In considerazione dei suoi meriti artistici gli viene conferito l’insegnamento all’Istituto d’arte Passaglia di Lucca, Viani mal si adatta a questo lavoro, che porta avanti stancamente fino agli inizi del ’27. Tiene una mostra personale a Villa Paolina di Viareggio, con un catalogo illustrato da diverse xilografie. Il Comune di Viareggio delibera l’acquisto del dipinto Benedizione dei morti del mare. In giugno nasce a Lido di Camaiore il figlio Franco.
1926
Lavora al grande Albergo dei poveri. Espone sei opere alla XV Biennale di Venezia.
1927
Inizia la collaborazione regolare al Corriere della Sera, dirige la rivista Riviera Versiliese e pubblica I vàgeri.
Il 27 maggio viene inaugurato il Monumento ai caduti di Viareggio, l’opera suscita discussioni e polemiche.
Gli attacchi d’asma obbligano Viani a soggiornare a Bagni di Lucca
1928
Pubblica Angiò uomo d’acqua (28 illustrazioni) e Roccatagliata. Espone 11 opere alla XVI Biennale di Venezia e una vasta selezione della sua produzione a Palazzo Paolina di Viareggio. In questa mostra, presentata da Margherita Sarfatti, è esposto Il grande Dormitorio, una summa di tutti i personaggi intravisti o frequentati alla Ruche.
I sempre più frequenti attacchi d’asma lo portano a spostarsi in varie stazioni climatiche.
1929
Dipinge Georgica (o Le opere del mare, del cielo e della terra); pubblica il romanzo autobiografico, Ritorno alla patria, che l’anno successivo vince, ex aequo con Anselmo Bucci, il Premio Viareggio.
Il 26 agosto perde il fratello Raffaellino, fulminato dalla corrente elettrica.
Nell’ambito Mostra d’Arte Marinara di Roma, due suoi quadri vengono premiati con la Medaglia del Ministero dell’Educazione Nazionale.
1930
Pubblica il romanzo autobiografico Il figlio del pastore. Partecipa alla XVII Biennale di Venezia con Georgica e Veliero; nuova personale a Palazzo Paolina di Viareggio, inaugurata da un discorso di F.T. Marinetti. Partecipa a varie serate futuriste a Firenze, Lucca e Pisa, organizzate da Cristoforo Mercati (Krimer), insieme a Bellonzi, a Marasco e ad altri amici.
1931
Espone alla I Quadriennale di Roma Il volto santo; Mussolini dimostra interesse per l’opera e per l’autore. In agosto, nuova esposizione personale allo Stabilimento Nettuno di Viareggio e nuovo intervento di F.T. Marinetti. Pubblica Versilia. Un nuovo attacco d’asma lo riporta a Bagni di Lucca.
1932
Pubblica Il Bava, ispirato alle gesta del navigatore viareggino Raffaello Martinelli; espone alla XVIII Biennale di Venezia, a Livorno e a Viareggio.
1933
Nel settembre un nuovo attacco d’asma lo porta prima a Porretta, poi a Bagni di Lucca e a Nozzano dove rimane confinato fino al luglio del 1934. In questa occasione realizza numerosi disegni ispirandosi all’ambiente dei sanatori dove in uno speciale reparto sono ricoverati i malati di mente. Scrive il libro Le chiavi nel pozzo, ispirato ai ricoverati dell’Ospedale psichiatrico di Maggiano. Lavora ai pannelli per la stazione ferroviaria di Viareggio. Mostra personale alla Galleria Ferroni di Firenze e inaugurazione della Galleria Viani nella casa di Fossa dell’Abate, ereditata dalla moglie.
1934
Espone alla XIX Biennale di Venezia, a Viareggio, Lucca ecc.
1935
Espone alla II Quadriennale di Roma e al Lyceum di Firenze.
1936
In giugno visita la XX Biennale di Venezia, dove espone La clinica e altre sette opere. Nel luglio del ’36 espone al Kursaal di Viareggio e da ottobre, con il suo aiutante Ruggero Sargentini, si reca a Roma dove realizza una serie di pitture a tema marinaresco per il Collegio di orfani IV Novembre di Ostia, non ne riesce a vederne l’inaugurazione prevista per il 4 novembre.
Lorenzo Viani muore il 2 novembre, il giorno dei morti, stroncato da un attacco d’asma all’età di 54 anni.
“ Io sono nato nella Darsena vecchia in Viareggio…”, scrive Lorenzo Viani ne “Il figlio del pastore”.
“ Viareggio è una striscia di terra fra il Tirreno e le Apuane dove capita di vedere, solo girando lo sguardo, la neve sui monti e le scaglie di sole sul mare; la Darsena allora era una striscia di terra fra un canale e una pineta, tre strade e una lunga spiaggia che spariva lontano fino alle foci del Serchio, un deserto odoroso di camucioli. Vista dal mare appariva avvolta fra i pini e le vele.
La particolare conformazione fisica di Viareggio può apparire per certi aspetti soffocante, costretta fra due immensità: il mare che tende all’orizzonte infinito e le montagne che si ergono verso il cielo infinito. Forse è proprio per forzarne i limiti che i viareggini sono divenuti navigatori e produttori di bastimenti che hanno fatto storia, pensati e costruiti nei piazzali lungo il Burlamacca nella Darsena vecchia.
La Darsena era un quartiere povero di capitani di lungo corso, cucitori di vele, costruttori di navi, maestri d’ascia, calafati, pescatori, gente che aveva nelle proprie mani l’unica ricchezza e nel mare la fonte quotidiana della vita e della morte. Era il luogo dove anonimi fabbri fondevano nel ferro ‘grottesche’ per gli ormeggi, emblema di un atteggiamento che nel dare valore e bellezza anche alle cose più umili e quotidiane, attribuiva dignità e valore al lavoro e agli uomini che le avrebbero usate.(…)
In Darsena c’erano le bettole, luoghi dove ad un certo punto della notte le coscienze e la vista cominciavano ad ondeggiare; un bicchiere dopo l’altro si andava al di là del limite che ognuno degli esseri umani seduti a quei tavoli aveva posto alla propria esistenza, se era un marinaio la linea di confine dell’orizzonte oppure quella della propria fame, se era uno sbandato la linea di confine delle proprie visioni, se era un artista quella oltre la quale sarebbe salito un gradino più in alto nella ricerca della vera natura delle cose.
In Darsena si poteva incontrare un campionario di esperienze umane che rendeva impossibile costruire dei dogmi, delle convenzioni, non a caso Viani dipinse e scrisse di ubriachi, di vageri e di gente di mare, uomini impossibilitati a configurare la propria esistenza dentro categorie precise. La Darsena era un microcosmo che permetteva di arrivare a comprendere l’essenza della vita: attraverso quei personaggi che pescavano e navigavano, che costruivano le proprie barche e cucivano le proprie vele, che aspettavano, Viani maturò una concezione dell’esistenza che portò sempre con sé, quale termine di paragone, nei suoi soggiorni a Parigi come nelle letture filosofiche, scientifiche, letterarie. Viani viaggiò e lesse cercando conferme di quello che con i suoi stessi occhi aveva visto, sentito e compassionato.
La Darsena è il luogo dei suoi quadri, spazio fisico e mentale. Le grandi vele colorate oppure il beige della spiaggia solcato appena da una striscina celeste di mare sono la quinta costante, il fondale dove Viani colloca la gran parte dei suoi modelli ritratti.(…)
Oggi la Darsena è un luogo di terra e di acqua dove le architetture del lavoro convivono con quelle delle abitazioni e il Libeccio non è più il rumore della sciagura. Allora tutto era completamente diverso; le donne erano educate al coraggio e la pezzuola che imparavano a portare in testa era il simbolo della loro tragica condizione, alle donne il destino riservava la condanna dell’attesa, agli uomini quella della paura. Gli uomini e le donne rischiavano tutti e due la propria vita e ambedue la perdevano solo che il dramma delle donne era più atroce perché esser continuavano a camminare e a respirare mentre i loro uomini in fondo al mare avevano comunque sia concluso la battaglia. Viani non poté ignorare quello che i suoi occhi vedevano, non poté far finta di non sapere che i ragazzini con i quali giocava in mezzo alla strada erano orfani probabili e che le loro madri rischiavano da un giorno all’altro di chiudersi in un dolore al quale nulla avrebbe potuto porre rimedio. Questa consapevolezza truce, drammatica e insistente divenne l’assillo della sua arte: dare forma, espressione, narrazione al dolore senza rimedio, ad una miseria senza riscatto, a vite vissute all’ombra di un destino segnato e inesorabile”. (Serafini)