Palazzo delle Muse

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La costruzione del palazzo è promossa tra le filantropiche iniziative del Comitato degli Ospizi Marini, istituito a Firenze dal medico Giuseppe Barellai, che nel libro Gli Ospizi Marini d’Italia del 1867 rammenta le circostanze che portarono la struttura, originariamente intitolata al regnante Vittorio Emanuele II, ad assumere l’attuale denominazione di Palazzo delle Muse: «Questa fabbrica si chiama scherzevolmente fra i confratelli il Palazzo delle Muse, perché il denaro che è stato speso per costruirla è stato specialmente ricavato dalla opera e dai doni dei coltivatori delle arti belle, come architetti, pittori, scultori, musicanti, poeti lirici, poeti drammatici, illustri prosatori… Rappresentazioni teatrali, accademie di musica, lotterie di quadri, di disegni, di gessi, di statue, vendite di libri di poeti e di poetesse, di prosatori e prosatrici sono state le industrie più proficue».

Approfondimenti

S. CACCIA, L’Ospizio Marino di Firenze: un’importante vicenda architettonica nella Viareggio ottocentesca, in Glauco Borella (a cura di), I palazzi pubblici di Viareggio, Edizioni ETS, Pisa, 2003

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G.BORELLA, I palazzi pubblici di Viareggio, Pisa 2003.

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R. DINI, Un borgo che diventa città. Appunti per una storia urbanistica di Viareggio, Viareggio 1968.

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T. FANFANI, Breve storia di Viareggio, Pisa 2005.

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M. A. GIUSTI, Viareggio immagine tra ipotesi e realtà. Dalle origini al decoro della città borghese, in “Parametro”, n.142, 1985.

M. A. GIUSTI, Viareggio 1828-1938. Villeggiatura Moda Architettura, Milano 1989.

C. GRECO, Chiesa, società e potere politico a Lucca nell’età della Restaurazione, in Fine di uno Stato: il Ducato di Lucca 1817-1847. Lo stato e la società, Atti del Conv. Lucca 9-11 ottobre 1997, Istituto Storico Lucchese, “Actum luce. Rivista di studi storici lucchesi”, a. XXVIII, n. 12, 2000, pp. 91-186.

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E. LAZZARESCHI, Viareggio. La perla del Tirreno, Viareggio 1926.

E. LAZZARESCHI, Lucca e le sue stazioni di cura e di delizia, Milano 1935.

Giuseppe Poggi, indirizzato dal padre alla carriera di Ingegnere Architetto, dal 1828 si forma presso lo studio dell’architetto Bartolomeo Silvestri e frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Dopo una iniziale brevissima attività come “perito ingegnere” a partire dal 1839 si dedica definitivamente alla professione di architetto, ottenendo il diploma nel 1843, a seguito di una naturale inclinazione “ai lavori architettonici”, in questi stessi anni compie viaggi di formazione tra Parigi e Londra, che come afferma lo stesso Poggi: “produssero l’effetto di accrescere le cognizioni col vedere opere insigni antiche e moderne, di allargare le mie idee, e di portarmi a studiare i diversi stili architettonici”. Nel 1848 partecipa alla Guerra di Indipendenza come Ufficiale del Corpo del Genio Provvisorio Toscano a Curtatone, dove combatte a fianco dell’amico Giuseppe Barellai.
Rientrato dalla guerra si dedica fervidamente alla propria professione, divenendo il progettista di celebri residenze fiorentine, ma soprattutto sarà incaricato nel 1864 di redigere il Piano per l’Ingrandimento di Firenze e il Piano Regolatore di Ampliamento dei Nuovi Quartieri. Ricordato soprattutto come “l’artefice della grandiosa impresa di ampliamento e ingrandimento di Firenze Capitale” e per la creazione dei grandi viali di circonvallazione, Poggi fu precursore di un’urbanistica fortemente moderna. L’edificio di Viareggio doveva essere tra quelli illustrati nel III volume dei Disegni di Fabbriche dello stesso Poggi, che però non fu mai edito. Tra il 1880 e il 1882, nel limitato numero di 90 copie erano stati pubblicati infatti i due volumi dei Disegni di Fabbriche eseguite per commissione di particolari, a cui doveva seguire un terzo volume per illustrare tra le altre prestigiose occasioni, l’episodio dell’Ospizio Marino di Viareggio. La severa sobrietà della struttura ideata tra il 1856 ed il 1861, grandiosa nella semplicità di una composizione dai caratteri pacati, abbraccia la tradizione dell’architettura ottocentesca toscana.
Poggi stesso negli scritti ha riconosciuto quel debito contratto negli anni della formazione nei confronti del severo Classicismo della Restaurazione e soprattutto della «Scuola Toscana», cui da giovane aveva desunto un personale repertorio linguistico. L’artista individua così un linguaggio costruttivo ideale che coniuga le forme architettoniche di Bramante alle istanze della scuola romano-veneta di Baldassarre Peruzzi e di Antonio da Sangallo il Giovane, per giungere agli stilemi del palladianesimo.
La composizione ritmica della facciata scandita dai tredici assi delle aperture, ripetute su tre livelli appena segnati nel prospetto da una leggera cornice al primo piano, è interrotta solo dal corpo aggettante del terrazzo impostato sul bugnato liscio del portale. La perfetta simmetria dell’edificio connotato da una forte spinta orizzontale, e la compattezza dei volumi sono amplificati nella pura geometria delle forme.
Uno dei motivi predominanti della produzione poggiana del resto fu proprio quello del giardino e del verde, secondo una convinzione profonda dell’architetto fiorentino circa l’importanza della loro fruibilità e godibilità scenografica, come qualche anno più tardi (1887) scriverà nei suoi Ricordi: «I pregi di una grande città non si misurano dalla maggiore agglomerazione e continuazione dei fabbricati, ma dalla alternazione di questi con piazzali, giardini e parterri, i quali conferiscono alla città stessa il triplice vantaggio di rendere buone le condizioni igieniche, di provvedere ogni quartiere di luoghi di diporto e trattenimento per le respettive famiglie, di procurare alla città prospettive ridenti spesso con vantaggio delle condizioni estetiche degli edifizi importanti».
Sarà proprio questo il principio informatore di tutta la sua urbanistica, che lo porterà poi a definire un modello di città-giardino, in cui l’uso del verde quale elemento unificatore è direttamente ispirato al Ring viennese, ai boulevards haussmanniani ed al sistema londinese di Regent’s Park, S. James Park e Hyde Park.
Durante i ripetuti soggiorni in Inghilterra il Poggi aveva potuto avvicinarsi a una cultura del giardino che gli era particolarmente congeniale, quella della reciproca integrazione tra verde e residenze, la stessa che sembra sottendere alla sistemazione panoramica dello spazio aperto contiguo all’Ospizio Marino di Viareggio.
Il tema dei manufatti ospedalieri e degli edifici di cura lo avevano interessato sin dal periodo giovanile di “formazione toscana”, quando aveva portato a termine una serie di planimetrie per un Ospedale Militare di foggia pocciantesca, che insieme ad altri schizzi di edifici pubblici andavano a creare una città ideale. Altra occasione per occuparsi della progettazione di edifici ospedalieri era stata concessa a Giuseppe Poggi nel 1949, quando con l’architetto Cesare Lazzarini è convocato dal Governo Toscano per presiedere la Commissione per il riordinamento degli Ospedali e degli Ospizi della città di Lucca.
L’intervento poggiano concretizzatosi in una serie di disegni per i “Reali Ospedali di Lucca” e in una Relazione (22 dicembre 1849), anticipa alcune delle soluzioni poi adottate nell’Ospizio Marino.
Nel 1884 Poggi sarà nuovamente chiamato a partecipare al “Riordinamento degli Spedali della città di Firenze e segnatamente di quello di S.M. Nuova”, e nel redigere a tale scopo una “Relazione per la Deputazione Provinciale di Firenze” dimostrerà ancora una volta la lungimiranza della sua visione, sottolineando la necessità di erigere “un nuovo ospedale modello in località più sana e lontana dal centro abitato”.

La prima pietra di questo palazzo, eretto sulla piazza Principe Amedeo, fu posta il 14 ottobre del 1861 alla presenza del re Umberto e del compianto confratello. Esso ha avuto il nome del Gran Re ed è bello e vasto edificio che guarda il mare […]. Quest’anno viene ampliato dalla parte della vicina pineta, eseguendo la pianta dell’ing. Eugenio del Prete il capo-mastro muratore Raffaello Morescalchi di Viareggio. Nel vasto ingresso di questo palazzo, a sinistra di chi entra, leggesi la seguente iscrizione: Giuseppe Poggi che abbellì di viali incantevoli l’ingrandita Firenze ed i suoi colli disegnò questo edifizio con intelletto d’amore e d’arte e per le vigili cure di Giuseppe Gheri compì in dieci anni l’opera di carità pei poveri e ammalati fanciulli […]. Nella parete a destra, leggonsi le seguenti: il dì XIV ottobre del MDCCCLXI il primo anno del nuovo Regno d’Italia con gli auspici del magnanimo Re Vittorio Emanuele II e alla presenza dei Reali Principi suoi figli Umberto e Amedeo si poneva in Viareggio con solenne cerimonia la prima pietra […]. Questo edifizio per li indigenti scrofolosi cominciato nel MDCCCLXI rammenta la fondazione del Regno d’Italia e compiuto il XXIX maggio MDCCCLXIX anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara visibilmente dimostra che libertà e carità son sorelle».(Carlo Michetti, Guida Manuale di Viareggio e dei dintorni, Matteo Malfatti editore, Viareggio, 1893)

Il 14 ottobre del 1861 si aprì la fabbrica di Palazzo delle Muse su progetto dell’architetto fiorentino Giuseppe Poggi (1811-1901), subentrato all’ingegner Augusto Casamorata, su uno spazio di “diecimila braccia di spiaggia” concesse gratuitamente in seguito ad una trattativa tra il Governo Granducale ed il Comitato fiorentino (1858), assieme al privilegio di poter godere di una servitù che garantisse per il futuro la non edificabilità dell’area tra l’Ospizio e il mare,
Poggi fu chiamato per la fabbrica dell’Ospizio Marino e, con l’aiuto di Giuseppe Gheri, funzionario viareggino delle regie fabbriche, «caritatevolmente fece il progetto e vigilò la costruzione», e nei suoi Ricordi della vita e documenti d’arte pubblicati postumi (1909) rammenta come «senza allontanarmi dalla semplicità voluta da questo genere di edifici, procurai che non gli mancasse la solidità, la salubrità, la comodità […], che le diverse parti e l’insieme dello stabilimento fossero, tenuto conto delle proporzioni, non troppo inferiori a quelle che per la cura del povero solevano adottare i nostri maggiori».
Il progetto consisteva in un corpo di fabbrica prolungato a monte per mezzo di due brevi ali, aperto sul retro in un arioso porticato ripartito da pilastri in mattoni e volte a vela su cui poggia una terrazza. L’edificio si affacciava su un verdeggiante giardino «ricco di alberi» e delimitato da una cinta muraria sviluppata lungo il perimetro della superficie fondiaria.
Il loggiato appoggiato alle due ali minori dell’edificio ne articolava ed arricchiva il prospetto posteriore, anche attraverso l’alternanza cromatica tra le tonalità rosse dei mattoni ed il bianco della pietra usata sia per i capitelli che per i basamenti dei pilastri.
Originariamente era prevista anche la costruzione di una cappellina da collocarsi, secondo i disegni dell’architetto fiorentino, a chiusura del lato sull’attuale via Mazzini. Di questo volume aggiuntivo sono conservati gli schizzi originari nel Fondo Poggi, depositato presso l’Archivio dei Disegni della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici delle Province di Firenze e Pistoia, all’interno del quale è stato possibile reperire, oltre ai progetti, anche importanti annotazioni autografe relative ai lavori per lo stesso Ospizio Marino.
L’Ospizio Marino si fa portatore dei valori architettonico-urbanistici caratterizzanti la poetica poggiana, tanto che lo stesso architetto fiorentino nelle Reminescenze relative ai suoi lavori, si compiace della realizzazione viareggina, sostenendo di riceverne ancora in età matura “impressioni graditissime” e soddisfazione riflettendo sul lavoro eseguito.
Nel 1867 l’avanzamento dei lavori del palazzo permetteva già di ospitare i primi bambini affetti da scrofolosi, curati e accuditi secondo le indicazioni contenute poi nel Regolamento Disciplinare dell’Ospizio Marino di Viareggio, mentre di lì a poco sarebbe stato completato il corpo principale (1869), che permise all’Ospizio di ottenere il riconoscimento di Opera Pia (1872).
Nel 1893 l’edificio, per incrementare le proprie potenzialità ricettive, fu ampliato tramite la realizzazione di un’ala sul fianco rivolto alla pineta, eseguita dal capomastro Raffaello Morescalchi su disegno dell’ingegner Eugenio Del Prete.
Sulla via XX Settembre vennero edificati poi la lavanderia, l’abitazione del custode e la grande terrazza per le cure elioterapiche, ed in un secondo momento fu realizzato il blocco dell’Isolamento per le malattie contagiose, costituito da quattro edifici a coppie simmetriche, tutti forniti di ariose verande.
Presso il Centro Documentario Storico del Comune di Viareggio è conservato parte del materiale connesso ai progetti di ampliamento per l’Ospizio Marino relativi all’anno 1892, in particolar modo le stime redatte dall’ingegner Eugenio Del Prete, e più precisamente la Descrizione e stima dei lavori occorrenti per la costruzione di una infermeria per le malattie contagiose agli Ospizi Marini di Viareggio, sollecitata dall’Opera Pia con una lettera del 10 gennaio 1982, e la Perizia dei lavori occorrenti per l’ampliamento del piazzale in smalto che serve alla ricreazione degli ospitati, trasposizione di tende e ingrandimento della lavanderia.
Un’ampia documentazione si riscontra anche per la costruzione del blocco per l’Isolamento, realizzato sempre dal Del Prete attorno al 1900, costituita tra l’altro da schizzi e disegni di progetto dei quattro nuovi edifici, dalla Perizia di previsione dei lavori occorrenti alla costruzione di una Infermeria per le malattie contagiose, da annettersi allo stabile di Viareggio, da una stima suppletiva per i Lavori da aggiungersi a quelli in corso di esecuzione per le infermerie al fabbricato di Viareggio, non contemplati nella perizia di previsione del 3 maggio 1900 e dal Certificato di collaudo finale del 9 novembre 1900.
A queste costruzioni andò ad aggiungersi poco dopo l’Ottagono S.Giovanni, un padiglione a base ottagonale con due prolungamenti laterali e quattro accessi, sistemato tra la via IV Novembre e la via XX Settembre, all’interno dell’ampio giardino «con viali delimitati da siepi di mortella e ombreggiati da platani che, solo in tempi recenti, dopo l’ultima guerra, sono stati abbattuti».
L’Ospizio dal 1912 divenne Colonia permanente seguendo le aspirazioni del fondatore Giuseppe Barellai, fatta salva la disposizione eccezionale a trasformarlo in ospedale militare negli anni del primo conflitto mondiale, per poter curare «soggetti affetti da malattie tubercolari chirurgiche e di forme mediche della minore età», oltre ad aprire al suo interno una sezione speciale per i «convalescenti di malattie acute o soggetti bisognevoli di soggiorno al mare».
Da una Perizia Estimativa redatta dall’ingegner Alfredo Belluomini nel giugno del 1923, al quale fu affidato anche il progetto non realizzato di trasformazione dell’Ospizio in edificio ad uso scolastico e pubblico, si desume con precisione quale fosse la situazione del lotto relativo al Palazzo a seguito delle varie sistemazioni susseguitesi nel corso degli anni tra la fine dell’Otto e gli inizi del Novecento.
Nel frattempo per far fronte alle nuove esigenze il palazzo fu risistemato con una serie di interventi finalizzati al miglioramento dei locali interni (1927), che non compromettessero troppo l’originaria scansione poggiana.
Nel 1938 infine il Comune decise di acquistare il Palazzo delle Muse, per adibirlo a scuola riservando qualche locale ad accogliere la Biblioteca pubblica, e decretò il trasferimento dell’Ospizio Marino di Firenze nella moderna struttura ospedaliera del Cinquale, dedicata a Giuseppe Barellai.
Negli ultimi tre anni in cui l’Ospizio conservò la sua sede a Viareggio, in realtà i degenti non fruirono più dell’arenile davanti alla piazza, ma furono trasportati nelle spiagge di Levante, a seguito di una riprovevole schermaglia, iniziata attorno alla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, tra il nosocomio e quella minoranza di cittadini che mal tolleravano la presenza degli ammalati e reclamavano contro il pietoso spettacolo, accusando l’Istituzione di «riuscire dannosa a coloro che hanno l’inestimabile dono della salute» nonché «pregiudizievole al loro interesse finanziario».