L”ossesso
AUTORE
COLLEZIONE
MISURE
71 X 103
ANNO
1910 - 1912
TIPOLOGIA
Pittura
MATERIA E TECNICA
olio su cartone
NOTE
Firmato in basso a destra: Viani
SCHEDA CRITICO
Caposaldo dell’espressionismo vianesco, quest’opera È da situare con ogni probabilità negli anni tra il 1911 e il 1913, vicino agli “Amanti” (1910), alla “Signora del crisantemo” (1911), alla “Veglia funebre” (1913-1914): le opere piÙ parigine di Viani – come scriveva Parronchi nel ’62 – nate subito dopo il suo ritorno a Viareggio, nello studio alla Camera del Lavoro.
L’esperienza di Parigi trova qui la sua conferma netta e inequivocabile, sviluppando al massimo il potenziale espressivo di un linguaggio che mostra di aver ormai pienamente assimilato la lezione dei “nabis” e dei “fauves”. CosÌ questo folle si distacca improvvisamente dalla schiera dei suoi tanti compagni di sventura – trascurati e refrattari che lo hanno preceduto – per virtÙ di colore e di forma: un colore acido e velenoso in una forma che sopravvive corrosa, simile a una “torcia avvampante”. «L’anarchico Viani ha finalmente tra le mani un pennello altrettanto efficace, come un’arma o un esplosivo contro la cultura europea – finalmente la certezza di essere un pittore “diverso”» (I. Cardellini Signorini, 1978, p. 240).
Particolarissima la storia di questo quadro “proibito”, che, sulla scorta della stampa dell’epoca, merita riassumere brevemente. Rinvenuto nel ’62 da Anchise Marchi, proprietario dalla Galleria La Navicella, nella Collezione del prof. Lucarelli che l’aveva sempre custodito gelosamente, “Il matto nudo” doveva figurare accanto a “La matta nuda” nella mostra autunnale promossa dalla galleria viareggina, a condizione di essere, come l’altro, coperto da una tenda che ne occultasse la visione ai minori di sedici anni.
Prima dell’inaugurazione, tuttavia, i familiari dell’artista, non condividendo quella censura preventiva, si opposero all’esposizione e ritirarono i due quadri che furono sostituiti da altri disegni e carboni. Trascorsero quindi cinque anni prima che “L’ossesso” potesse incontrare il giudizio del pubblico nella galleria pratese dei fratelli Farsetti; ma anche allora – e nelle occasioni espositive che seguirono – si trattò di visione parziale, condizionata da una vernice pudica con cui si cercò di coprire le parti scabrose. Debitamente ripulito, fu riprodotto per la prima volta nella situazione originaria dalla Cardellini nella sua monografia del 1978.
“La Donazione Lucarelli”, a cura di G.Matteucci – R.Monti, Musei Civici di Villa Paolina, Viareggio, 1994, p.30