“Prima dello scadere del secolo avviene l’incontro con Plinio Nomellini: incontro risolutivo per il suo cammino d’artista e inizio di un’amicizia destinata a durare tutta la vita. Nel pittore livornese, non ancora rientrato definitivamente da Genova ma già assiduo di Torre del Lago, Viani trova il primo maestro: ‘prodigo di buoni e saggi consigli’ (Viani), ma anche disposto a rispettare gli estri e l’indipendenza del suo temperamento evitandogli ‘il tirocinio della pedanteria cattedratica’). Da lui Viani è condotto in lunghe perlustrazioni sul lago e nella pineta di Massaciuccoli, a penetrare il segreto di luoghi ancora incontaminati e ad arricchire un repertorio di immagini che è già suo: ‘Il cammina cammina dei poveri nella polvere degli stradali, buoi con i carri piramidati d’erba medica e di biodoli, parabole dei ranocchi, a mezz’ aria tra fosso e fosso’ (Nomellini). Da lui, ancora, è effigiato in un ritratto che terrà sempre con sé a memoria del passato:
‘ Un volto fresco e pensoso, ornato da una folta capellatura’, come lo ricorderà in una tarda visita a Fossa dell’ Abate Giovanni Petronilli. Ma gli aiuti che gli vengono da Nomellini sono anche d’ordine pratico. Grazie al suo interessamento può iscriversi con un sussidio annuale del Comune all’Istituto d’Arte “Passaglia” di Lucca e indirizzare concretamente quella vocazione all’arte che sente ormai dentro di sé attiva e imperiosa.
Tre anni importanti, dal 1900 al 1903, che gli resteranno impressi nella memoria: ‘Incertezza di vita allora, inquietudine di animo, l’arte che non ancora intuivo nella sua grandezza miseria e ribellione. Vita che io ora rimpiango perché era la giovinezza, ma allora io soffrivo tanto’ (Viani). Anni difficili, durante i quali frequenta ‘più le aule dei Tribunali e delle Corti che quelle dell’ Istituto’ l’impegno politico è al primo posto, rinfocolato dalle convenzioni borghesi e clericali della ‘città monastica’ ma intanto ha modo di farsi la mano alla scuola di Michele Marcucci e stringere nuove amicizie: Moses Levy e Spartaco Carlini”. (Paccagnini).
“Viani posa come trombettiere per il grande Garibaldi di Nomellini, con indosso “una camicia rossa, un berretto del nono règgimento garibaldino, i pantaloni e le uose, indumenti che erano stati a Bezzecca” (Viani, 1932), partecipando in tal modo alla nascita di quella che sarà forse l’opera più famosa dell’ amico pittore. Questo è anche il momento della maggiore familiarità con Puccini che abita la casa dirimpetto alla sua e da cui riceve la commissione di restaurare gli affreschi del salotto opera di Nomellini, Pagni e De Servi eseguiti solo pochi anni prima ma già guastati dall’umidità. Frequenti e cordialissime, quasi quotidiane, le visite di Puccini che racconterà Viani – ‘capitava sovente nel mio studio: un vecchio granaio dove ci sapeva di pane stantio; albergo di topi e di zecche, ventilato dalle ragnatele in cui erano impigliati dei mosconi, le finestre avevano i vetri di fogli e l’ammattonato terremotava sotto i piedi. […] Sulle squallide pareti c’era soltanto una fotografia, quella del Maestro, con la dedica: ‘Al Viani delle bestie. Giacomo Puccini’. Allora non disegnavo altro che bestie. Gli uomini vennero dopo’ (Viani,1931)”. (Paccagnini)
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Autore: Viani Lorenzo
Bibliografia
Giuliano Matteucci Paola Paccagnini (a cura di), La collezione Varraud, Massarosa (LU), 1994)
Lorenzo Viani, Lettera autobiografica (1913), in Giornale di bordo, Firenze, luglio 1968, p..482.
Paola Paccagnini, Cronaca di opere e giorni, in Matteucci Giuliano, Paccagnini Paola (a cura di), La collezione Varraud, Viareggio 1994
Plinio Nomellini, Ricordo di Lorenzo Viani, catalogo mostra di Lorenzo Viani, Firenze, 1938