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<td class="rb_left"><img src="immagini/angeloni3.jpg" class="bordoimmagine" alt=2Fanciulla che si pettina><br>
<B> </B><span class="titolo_opera_elenco">Fanciulla che si pettina</span><br>
<br><span class="dida_opera_elenco">terracotta, cm.41x13x10</span></td>
<td class="rb_right">“Nella prima metà del nostro secolo le
arti plastiche sono state oggetto di una rivoluzione che ne ha modificato
non solo lo stile ma la concezione stessa, il ruolo e la funzione. La vicenda
artistica di Alfredo
Angeloni è emblematica di un ruolo che la scultura ha continuato a svolgere,
passando indenne da tali rivolgimenti, per rispondere al persistere delle esigenze
celebrative sia delle
comunità che dei singoli cittadini con la produzione di opere monumentali
destinate a spazi pubblici, di statuaria funebre e religiosa, di busti, medaglie
e ritratti. <br>
In particolare la generazione di Alfredo Angeloni ha operato in un'epoca che
ha assistito prima ad una fiorente richiesta di monumenti (basti pensare alla
capillare erezione di monumenti ai caduti che ha fatto seguito alla prima guerra
mondiale e alla committenza celebrativa del Regime) e poi alla successiva decadenza
di tali esigenze fin quasi al rifiuto, alla considerazione della statuaria cimiteriale
quale <I>status
symbol</I> di una famiglia e di una città e poi al suo progressivo abbandono.
L'interesse e le attenzioni che Angeloni continua a suscitare risiedono proprio
in questo essere esemplare di
un "compito" che la scultura ha mantenuto anche a fronte di una rivoluzione
epocale che avveniva e che avrebbe lasciato tracce indelebili, dell'incarico
che la società ancora affidava agli artisti: interpretare sia un sentimento
pubblico, collettivo, che una dimensione privata, dare forma al monumentale come
all'intimo, cogliere della vita i suoi aspetti quotidiani e individuali quanto
rappresentare un'idea, una filosofia superiore. <br>
Angeloni ha assolto il ruolo di interprete di un gusto borghese educato e attento
non solo a certi canoni estetici ma anche da una precisa idea della vita e della
morte. Una vita celebrata esaltando la naturalezza di ogni suo aspetto compresa
la morte e una rappresentazione della morte che trascende la contingenza del
dramma, del lutto: i monumenti funebri di Angeloni adempiono da un lato all'invito
foscoliano alla
conservazione della memoria perenne, al mantenimento della "corrispondenza
di amorosi sensi" e dall'altro rassicurano
sull'esistenza di un al di là dove tutto si ricompone in una
serenità consolatrice.<br>
Le figure di Angeloni, tutte, vivono di una grazia fatta di certezze, di ciò che
ci
si aspetta dalla vita e dalla morte: la
fanciulla<br>
che sboccia, la sua bellezza nella nudità non
arreca peccato anzi, è l'amor sacro di platonica memoria, il busto di
bimbo con i pompon esalta la migliore tradizione verista, la Venere sgusciante
dalle valve di una conchiglia<br>
asseconda un gusto liberty surreale, la riproposizione di figure mitologiche
quali allegorie di valori eterni, fino ai monumenti ai caduti, estrema sintesi
celebrativa, l'apoteosi della vita e della
morte, del sacrificio e dell'ideale”. (Serafini)<br><br>
<strong>Bibliografia:</strong><br>
Antonella Serafini (a cura di), Alfredo Angeloni sculture e bozzetti, depliant
mostra,
Viareggio, 1998<br>
<BR>
Antonella Serafini, Collezioni Gamc, Pacini, Pisa 2008</td>
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